Oggi, 25 novembre, è la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Un giorno per ricordare, riflettere e agire contro una piaga che continua a mietere vittime innocenti. Sono almeno 60 le vittime del 2025, con 7 casi in fase di accertamento, come registra l’Osservatorio nazionale Non una di meno.
La napoletana Martina Carbonaro, 14 enne uccisa dall’ex fidanzato 18enne ad Afragola, è purtroppo la più giovane tra esse. Ed i tentativi di cancellare con la furia omicida la vita di una donna sono stati ben 68. Stupri, percosse, violenza economica e verbale, sono solo alcune delle sfumature della strage infinita che mortifica il senso del femminile. Il fenomeno colpisce donne di tutte le età, classi sociali e culture. Secondo i dati ISTAT, circa 6 milioni e 400 mila donne italiane hanno subito almeno una forma di violenza fisica o sessuale nel corso della loro vita.
Violenza sulle donne: la riflessione sui dati
Non siamo una scritta, né un paio di scarpette rosse. Siamo vita e come tale dobbiamo essere rispettate. In tanti anni ho ascoltato storie di donne, sostenuto campagne e posso seriamente asserire, da giornalista che nasce occupandosi di questo ambito, che la paura purtroppo non è facile da tenere a bada. Esiste una falla nel monitoraggio dei sistemi di ausilio e denuncia della violenza sulle donne? Certamente si! Lo dimostrano i casi di femminicidio nonostante il braccialetto elettronico o ancora gli efferati delitti che comunque hanno a monte denunce, ed ancora la fatica che fanno i centri antiviolenza per aiutare effettivamente le donne con le sole loro forze.
E poi c’è l’ incomunicabilità tra genitori e figli che alza muri e non consente alle ragazzine innamorate del “malessere” di confidare quel che accade nella loro pseudo relazione. O ancora la paura del giudizio di donne adulte che per vergogna non vogliono denunciare. Esiste una sola parola su cui dovremmo lavorare: protezione. E non sempre viene messa in campo.
Per fortuna la cultura mette in moto una sovversione ideologica del sistema rispetto al passato, ma per essere completa necessità dell’educazione sessuale nelle scuole come affiancamento…ed anche qui, ahimè, è subentrato il dissenso. Per non parlare dell’ emulazione della mediaticitá dei casi più efferati di femminicidio, che a mio avviso forniscono manuali di istruzione alle menti più distorte. Il discorso è troppo lungo, ma qui di lungo dovrebbe esserci solo la vita di una donna e di essa tutti siamo culturalmente responsabili!
La denuncia in letteratura della violenza sulle donne
La letteratura ci offre una finestra sulla sofferenza e sulla resilienza delle donne che hanno subito violenza. Da Lucrezia di Tito Livio a Desdemona di Shakespeare, da Francesca da Rimini di Dante a Tess di Thomas Hardy, le storie di queste donne ci ricordano che la violenza di genere è un fenomeno antico e persistente. Quest’anno, i casi di violenza sulle donne sono stati tragici e numerosi. Sara Campanella e Ilaria Sula, due giovani donne uccise da uomini che avevano fatto parte della loro vita, sono solo due esempi di una realtà che continua a essere drammaticamente attuale. La poesia, come la letteratura, adempiendo al dovere culturale che le sottende, può essere un potente strumento per denunciare la violenza e promuovere il cambiamento. Lo ha fatto Liliana Sghettini in questi suoi versi: “Una lacrima scende sul tuo viso per un vile schiaffo all’improvviso. In gola un nodo stringe e fa capolino e tu incredula fissi il tuo aguzzino”.
Cosa possiamo fare?
-Ascoltare e credere alle donne che denunciano la violenza
– Promuovere l’educazione e la sensibilizzazione sulla parità di genere
– Sostenere le organizzazioni che lavorano per prevenire la violenza sulle donne.
La lotta contro la violenza sulle donne è una responsabilità personale e collettiva. Lo scrive anche Alda Merini nei suoi versi: “Alzati donna ed urla il tuo dolore; pretendi rispetto come essere umano”.



