In un periodo in cui la discussione pubblica è sempre più divisa, il confronto tra Tonia Mastrobuoni e Alessandro Orsini a Piazza Pulita ha messo in evidenza un problema più grande: l’intervista si trasforma in un interrogatorio. La giornalista ha chiesto: “Qual è la fonte? Putin stesso, i servizi segreti russi, chi?”, sembrava più un tentativo di screditare Orsini. L’atteggiamento adottato mirava a dipingerlo come un bugiardo o un sostenitore di Putin, piuttosto che analizzare le sue argomentazioni.
Mastrobuoni, con la sua preparazione e il suo pedigree nel giornalismo, non può certo essere accusata di superficialità. La sua domanda non si è limitata a cercare risposte; ha cercato di insinuare un dubbio sulla credibilità delle valutazioni di Orsini. È una dinamica che si sta facendo sempre più comune nei media contemporanei, dove il conflitto e la polemica sembrano avere la priorità sul dialogo costruttivo.
Orsini, sociologo di fama internazionale con un curriculum impressionante, è un esperto che ha dedicato la sua carriera a studiare le complessità del terrorismo e della sicurezza internazionale. La sua vasta gamma di fonti, che spaziano da ricerche accademiche a testimonianze dirette, dimostra un approccio rigoroso e multidisciplinare. A seguito dell’interrogativo della giornalista, ho deciso di approfondire il curriculum del sociologo e sono rimasta colpita dalla ricchezza delle sue esperienze e pubblicazioni. Apprezzo profondamente il suo lavoro, poiché contribuisce in modo significativo a una comprensione più profonda di temi così complessi.
Mastrobuoni sembra ignorare tutto ciò, come se bastasse una domanda per smontare anni di studio e ricerca.
La verifica delle fonti è essenziale, ma dove si trova il confine tra legittimo scetticismo e attacco personale?
In un contesto in cui la verità è sempre più sfuggente, il compito del giornalista dovrebbe essere quello di chiarire, informare e stimolare il dibattito, non di delegittimare l’interlocutore. Piuttosto che illuminare il pubblico, ha creato un fossato tra le parti, rendendo difficile una discussione franca e aperta.
Quando il focus si sposta sull’individuo piuttosto che sul contenuto, il pubblico è privato di un’opportunità fondamentale: quella di ascoltare e comprendere le argomentazioni di esperti come Orsini. In questo “scontro”, chi alla fine ne esce perdente è sempre il pubblico, costretto a navigare in un mare di polemiche anziché in un dialogo autentico e informativo.