Intensa, candida, elegante e profonda non solo nell’aspetto, ma soprattutto nel tono della voce che conferisce anima al suo lavoro da attrice. Susy Del Giudice è l’artista che si trasforma senza perdere essenza ed identità. Regala un tocco personalmente introspettivo ai personaggi interpretati sia a teatro, che al cinema o alla tv; ed ha la chiara intenzione di lavorare sui ruoli che propone, con una delicatezza umana e non semplicemente attoriale, che è il tratto distintivo che più la fa apprezzare da chi la segue e la applaude. La sua forza deriva dai numerosi anni trascorsi a provare, sperimentare e costruire sulle tavole del palcoscenico teatrale. Fin dall’età di sette anni, la tradizione della prosa partenopea l’ha conquistata. Ama infatti definirsi attrice di teatro, pur avendo conquistato un Ciak d’oro per il film “I Fratelli De Filippo”, valsole la candidatura ai David di Donatello 2022, come miglior attrice non protagonista. Ha debuttato da bambina con Beniamino Maggio, rimastole nel cuore, ed è approdata in grandi compagnie come quelle di Mario Scarpetta, Luigi De Filippo, Aldo Giuffrè, Armando Pugliese, Giancarlo Sepe, che per gli appassionati di teatro sono pietre miliari della drammaturgia. Collabora poi con Vincenzo Salemme che la sceglie per i suoi spettacoli, e si afferma in tv con le serie “Capri” e “Gomorra”. Recentemente apprezzata in molte fiction televisive o al cinema con l’intensa pellicola “Nero”, diretta da suo marito Giovanni Esposito, che recita con lei nel film, come protagonista, Susy ha dimostrato la stoffa della fuoriclasse che da sempre ha coltivato per amore della recitazione, con estrema devozione, attenzione e professionalità retta da una grande fetta di umiltà che la rende signorilmente magnetica. Di recente ha incantato con la sua personalità il pubblico e gli addetti ai lavori del BTC Festival, del Social World Film Festival, ed anche del Filming Italy di Venezia, in cui è stata premiata ed applaudita in coppia con Giovanni Esposito, collega e compagno di vita con cui condivide la medesima e profonda passione per la recitazione, come dichiara in questa intervista.

L’ INTERVISTA
– Cinema, Teatro e Ricerca. Susy, lei è tutto questo ed anche di più. Alla luce della sua esperienza, a quali valori del suo vissuto di attrice, corrispondono le tre dimensioni?

L’intero percorso di un attore è ricerca sul mondo, sulle storie, sulla vita e su se stessi. Il cinema ed il teatro raccontano tutto questo, ragion per cui sono inscindibili per la mia vita, oltre che per la mia carriera.
– L’abbiamo ammirata di recente in tv con il film “Purché finisca bene – Tutto a posto”, in cui ha interpretato Angela. Ci racconti qualche aneddoto della lavorazione in backstage del movie.
Da poco Rai1 ha trasmesso un film che ho adorato, perchè è un film confezionato per la famiglia, che ti fa sorridere ma ti lascia anche pensare che a volte dire “tutto a posto”, asserirlo o chiederlo, deve restare un grande valore, per ricevere risposte positive o per cercare di darle. Per cui bisogna cercare di fare attenzione quando si dice o si chiede “è tutto a posto”. Di aneddoti legati al girato ce ne sono tanti, ma quello che mi piace ricordare è il calore umano dell’ambientazione del set. Abbiamo girato tutto a Reggio Calabria, città meravigliosa, calorosissima. Ho un ricordo delle persone che ci hanno accolto con la grande felicità di aiutarci. Questo, da napoletani, senza presunzione, è stato meraviglioso. Ho trovato tanta, tanta accoglienza dalla meravigliosa Reggio Calabria.
– Possiamo asserire che oggi il cinema può davvero assurgere a megafono di storie e valori, democraticamente?
Assolutamente sì. Credo che il cinema debba assurgere a megafono per valore. Il cinema è molto più di una semplice forma di intrattenimento. E’ e dovrebbe restare uno specchio della società che riflette i cambiamenti culturali, politici perchè spesso ha anche influenzato opinioni, valori. Si tratta di qualcosa di molto importante e deve restarlo nella nostra società. E’ la ragione per la quale si invita i ragazzi a vivere del cinema, con le pellicole; a guardare anche quelle del passato per poi conoscere e gustare meglio quelle del presente. Il cinema resta qualcosa di fondamentale per continuare a vivere, ed anche a vivere meglio.
– L’abbiamo ammirata recentemente a Venezia, oltre che in numerosi festival cinematografici in cui è stata premiata. Nel vivere queste emozioni e grandi incontri, cosa ha pensato in cuor suo?
Quando la signora Tiziana Rocca mi ha invitato ufficialmente al Filming Italy che lei ogni anno splendidamente organizza alla Biennale di Venezia le ho detto: “Tiziana, ma sei sicura di volere proprio me?”. Lei ha detto: “Assolutamente si. Ho visto il film ‘Nero’; l’ho amato, per cui voglio premiarti come miglior attrice protagonista”. Ancora mi guardo il premio e mi chiedo se sia meritato. Sono una che lotta sempre; sono molto critica su me stessa. Mi faccio mille domande e non mi so dare ancora le risposte, però ho pensato di essere lì con artisti di fama internazionale e mi sentivo piccola piccola, ma grata, infinitamente grata.

– Il teatro è la sua più grande casa. C’è un ruolo dell’antica commedia che vorrebbe interpretare?
Il teatro è casa mia; è la mia amata dimora. Non ne posso fare a meno. Mi allontano per motivi di lavoro perchè molto spesso, grazie al cielo, riesco a fare televisione o cinema, ma mi manca. Mi manca respirare quella polvere; calpestare quelle tavole; per cui quando ci torno è sempre una grande festa dentro di me. Non ho mai pensato ad un ruolo in particolare. Mi piace quando mi offrono delle cose e quindi mi metto in discussione iniziando a ricercare e lavorare sul personaggio. Di sicuro mi piacerebbe riprendere uno spettacolo che ho lasciato poco prima della pandemia, “Il Baciamano” di Manlio Santanelli, con la prima regia di mio marito Giovanni Esposito, che si è cimentato in tal caso, con la sua prima regia teatrale. Lo spettacolo ha avuto grandi consensi e sicuramente potremmo ancora portarlo in giro. Ecco, questo è il mio piccolo grande sogno nel cassetto.
– Con quale dei drammaturghi del nostro tempo le sarebbe piaciuto lavorare?
Parecchi…tanti. Ma a dirti la verità, una follia con Emma Dante, a teatro, la farei volentieri!
– La recitazione è più un concetto o un’estrazione per la sua anima?

Probabilmente la recitazione è entrambe le cose: sia concetto inteso come qualcosa di tecnico che potrebbe poi portare all’estrazione dell’anima.
– Un attore si moltiplica innumerevoli volte. Ce n’è stata una in cui avrebbe voluto fermarsi perché l’immedesimazione stava per sconfinare nella realtà?
Forse più che preoccuparmi di immedesimarmi in un ruolo, ho avuto la paura di soffrirne troppo. Ciò è accaduto proprio con il personaggio del film “Nero”, in cui interpreto il ruolo molto forte di Imma, una donna affetta da un ritardo mentale, per cui dovendo calarmi in qualcosa molto lontano da me, temevo di uscirne fuori. Necessariamente, entrando in quel mood volevo non uscirne subito e spesso sinceramente, quando ritornavo a casa, mi assicuravo che tutto andasse bene in famiglia per ritornare in quel raccoglimento e per cercare, se avevo interpretato bene una scena, di non discostarmi dalla restituzione dell’intensità. Temevo di lasciare Imma e di non riuscire a ritrovarla il giorno dopo, ma mai con la preoccupazione di immedesimarmi e di non poterne uscire più. L’esigenza solo di poter raccontare quell’anima autentica, sempre con verità.
– Preferisce più la dimensione della ribalta o la profondità del retroscena della vita istrionica?
La ribalta è qualcosa che se solo la penso da attrice prevalentemente teatrale (qualcuno potrebbe dire che non dovrei dirlo, ma io mi sento prevalentemente attrice teatrale che fa incursioni al cinema e alla tv), mi mette adrenalina. Il retroscena della vita istrionica, quando interiormente sono tranquilla, è un momento che mi godo volentieri.

– Alla luce del successo del film ‘Nero’, condiviso con suo marito Giovanni Esposito, oggi approccerebbe anche lei alla regia? Se si, con quale storia?
“Nero” sta avendo un discreto successo e ne siamo orgogliosi e felici. Si spera che a fine ottobre, primi di novembre, possa ritornare nelle sale, come desiderano le nostre produzioni cinematografiche. Ci farebbe tanto piacere che il film riuscisse ad avere più visibilità. Regia? No…soprattutto al cinema. Mi piacerebbe forse un giorno dirigere uno spettacolo teatrale. Lì mi sentirei più sicura ed anche più preparata. Ho fatto dei laboratori, per cui poi dopo c’è stato necessariamente lo spettacolo finale e mi sono divertita ad aiutare i giovani e a dirigerli dando una mia impronta allo spettacolo teatrale.
– Parliamo di passato, presente e futuro. Quale frase dei ruoli che ha interpretato in tanti anni la rappresenta in queste tre stagioni?
“‘A vita è ‘nu muorz, perciò magnatella!”

– Non possiamo prescindere dal parlare dei progetti che l’attendono. Saranno fatti di tanto teatro o anche di cinema?
Nell’immediato, dal 24 ottobre 2025 riprenderemo la stagione teatrale di “Benvenuti in casa Esposito”, al Teatro Augusteo di Napoli. Lo spettacolo teatrale di grande successo nella stagione passata, sarà riproposto in tutta Italia quest’ inverno. Contemporaneamente mi dovrò dividere con le riprese di “Piedone”, la serie Sky diretta da Alessio Maria Federici, con Salvatore Esposito protagonista, insieme ad altri attori bravissimi come Silvia D’Amico, Fabio Balsamo, e molti altri che collaboreranno alla serie che ha avuto un tale apprezzamento da avere un prosieguo.
– Se la sua anima fosse un libro, in quali pagine vivrebbe e a chi preferirebbe arrivare?
A tal proposito voglio leggere una cosa: “Se oggi si osserva come si comportano tra loro due uomini qualunque che per caso fanno conoscenza e non desiderano effettivamente niente di materiale l’uno dall’altro, si avverte in maniera quasi tangibile come ognuno di essi sia oppresso da un’atmosfera di coercizione; da una crosta protettiva, da una membrana difensiva; da una rete tenuta unicamente con rimozione dell’elemento spirituale; con l’intenzione, paure e desideri tutti orientati verso mete secondarie che separano il singolo da tutti gli altri. E’ come se all’anima non fosse nemmeno lecito tenere la parola; come se fosse necessario proteggerla con alti steccati. Gli steccati della paura e della vergogna. Solo l’amore disinteressato può spezzare questa rete, e ovunque si apre un varco, là c’è l’anima, l’anima che ci guarda”. Mi piace chiuderla così questa chiacchierata…non amo definirle interviste…mi piace chiacchierare, e questo che ti ho letto è tratto da “Le stagioni della vita” di Herman Hesse, dedicato a tutti voi.