Recensione – “Lina e le altre”, al Teatro Sannazaro di Napoli Lina Sastri è rosa fresca e aulentissima devota alla scena

Ha profumo di napoletanità autentica Lina Sastri, emanato da una corolla dal cuore intenso come il brulicante mondo partenopeo che ne ha cullato il sorgere della bellezza. E’ un crocevia di teatralità di tradizione, istrionica voluttà, dilettoso omaggio alla femminilità tenace e lungimirante. E al teatro Sannazaro di Napoli dall’8 al 10 novembre accoglie i suoi fedelissimi spettatori, innamorati tanto della donna, quanto dell’artista che le cammina dentro. In scena con lo spettacolo “Lina e le altre”, Sastri mette in moto prosa e canzoni alla sua maniera: senza risparmiarsi nell’immolare l’anima all’essenza partenopea popolare, aulica ed insieme moderna. E’ una rosa fresca e aulentissima che incarna la forza di tutte le donne, ed è signora del suo pubblico che con desiderio ascolta ogni singola nota, cadenza e battuta, pronunciata in monologhi in cui il contrasto dei sentimenti la fa da padrone.

La formula del teatro-canzone in cui tra le prime Lina Sastri ha creduto potentemente portandola a teatro come suo marchio di fabbrica, ancora una volta si dimostra vincente per l’artista che può e sa dire tutto, anche senza parlare. Tanto eduardiana, quanto Streheleriana, Lina confeziona per sé uno spettacolo interamente al femminile, che ricalca la storia di Napoli, la sua plasticità nei richiami ai riferimenti classici e contemporanei, densi di pathos. Sceglie di essere accompagnata sul palco dalle musiciste Giustina Gambardella, Elisabetta Saviano, Katia Schiavone, Francesca Masucci, guidate da Elisabetta Serio, per tingere di rosa una messa in scena in cui l’amore per il bel canto la vede protagonista nella direzione scenico-musicale, supportata dal Maestro E. Serio e C. Cascino.

LINA E LE ALTRE, NEL CUORE DELLO SPETTACOLO DI UNA ROSA FRESCA E AULENTISSIMA

L’Inno alla Madonna del Carmine presente nella fitta carrellata di omaggi teatrali appassionati portati sul palco, vede trionfare l’attrice in un monologo che è formula di dedizione e affidamento alla sua stessa Arte. Le movenze dell’attrice inglobano inconsapevolmente il magnetismo del Fado lisboniano, in cui parola e danza diventano “destinazione” ed appunto “fatum” da servire. Napoletana ma anche spagnoleggiante nel creare un melting pot di voci e personaggi, Lina Sastri fa stridere come corda di violino le emozioni, tanto da lasciare il pubblico senza fiato ad ogni sua esibizione che si carica di spazio sacro ed inviolabile.

Nessuno oserebbe infatti distrarsi dagli occhi dell’attrice; dalle sue mani in movimento; dalle contratture del viso che ricordano Medea e Maria Maddalena, due donne antitetiche, ma profonde nella variazione dei propri sentimenti. L’attrice che in teatro sa abitare l’espressività dell’alterco, del dolore, della compassione e della leggiadra tenerezza, sa agire e reagire alle risposte emotive del pubblico, mentre intona classici della canzone partenopea come O’ sole mio, Tammurriata nera o brani di Lucio Dalla e Pino Daniele che da sempre lei stessa ama. Lina Sastri danza e canta, lo fa omaggiando i suoi natali, mamma Ninetta che vive in ogni singolo richiamo della sua vocazione artistica, ma soprattutto Eduardo De Filippo, al quale dedica la forza della sua essenza artistica, con una lettera che è testimonianza e ringraziamento insieme.

“Lina e le altre” è poesia che prende vita al Sannazaro, nel racconto della moglie di Masaniello dopo la rivoluzione popolare, di Filumena Marturano, Matilde Serao, tutte raminghe nel cercare di essere se stesse in una società restrittiva. Le donne di Lina Sastri, le sue e nostre antenate, riescono sempre e comunque a diventare canzone che “s’affaccia a luna pe’ vedé” chi davvero sa ascoltarle, come recita un celebre refrain di Maruzzella, classico partenopeo che Lina intona nel suo spettacolo per Napoli e per le donne.

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Pina Stendardo
Pina Stendardo
Giornalista attenta ai fermenti quotidiani, raccontati con umanità. Convinta che scrivere sia un atto d’amore e responsabilità, ama divulgare il bello dell’Arte e del sociale, proponendo una narrazione alternativa sullo spaccato culturale.

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